Come disse il primo botanico spaziale, già citato in altri articoli (‘tacci tua Matt Damon..), lo spazio è ostile e non collabora.
Questa frase sembrerebbe una banalità, ma diventa ancor più vera se pensiamo a come potrebbe essere pericoloso ritrovarsi davanti ad un’emergenza medica mentre sei in orbita terrestre, lunare o, peggio ancora, marziana.
No fermi tutti, Lego IDEAS ha già la soluzione, l’ambulanza spaziale. A posto, l’articolo si chiude qui, ciao, torno a feeddare su League of Legends in MID con Cassiopeia.
Ah.. non posso?
Va bene, allora continuo.
Ok consideriamo per cominciare alcuni dei problemi medici che gli astronauti affrontano quando decidono di farsi sparare in orbita da un petardo gigante.
Per prima cosa, ricordiamo che siamo fatti grossolanamente del 60% di acqua, il restante 40% nel caso del sottoscritto è fame, ansia ed un’insana voglia di salatini alle 9 del mattino. Mi ricordo come qualche anno fa, un Ministro della Repubblica pentastellato disse che eravamo fatti al 90% di acqua. Praticamente delle meduse. Ecco perchè li ho sempre trovati così urticanti!
La microgravità ha effetto su questa nostra caratteristica acquosa, alterando la pressione idrostatica e dando origine a quello che viene definito “effetto di redistribuzione dei fluidi”. Il risultato non è soltanto quella strana immagine degli astronauti che abbiamo, quando li vediamo un po’ gonfi in faccia, ma anche tutta una serie di altre conseguenze, come congestione vascolare, aumento della pressione intracranica, alterazioni del sistema neurovestibolare (con mutata sensibilità al movimento), aumento della circonferenza toracica e riduzione della circonferenza addominale (perchè i fluidi si spostano verso l’alto). Praticamente diventano dei trapezi, tipo Johnny Bravo. Ed io che pensavo che bastasse andare in palestra…meglio andare in orbita!
Gli spiacevoli inconvenienti di questa redistribuzione dei fluidi però non è che si facciano attendere. Nelle prime ore in volo, è facile che gli astronauti possano soffrire di Malattia da Movimento Spaziale, può includere mal di testa, nausea e vomito, praticamente gli stessi effetti che provo quando vedo gli spot di Temptation Island. Pensate quanto deve essere divertente se qualcuno si mette a vomitare la colazione a buffet fatta la mattina prima, dentro un ambiente chiuso, dove tutto galleggia. Meraviglioso. Per fortuna esistono i sacchetti per il vomito, esattamente come quelli che troviamo a bordo degli aeroplani.
Ma la gravità non agisce solo sui fluidi corporei. Agisce anche sulla colonna vertebrale. Mentre sulla Terra siamo dolcemente schiacciati dall’atmosfera, che ci accarezza con la colonna d’aria che abbiamo sulla testa, in orbita questo effetto è decisamente diminuito, con il risultato che la spina dorsale degli astronauti si può allungare anche di 2-3 centimetri. Pensate, senza nemmeno mettersi i tacchi! Se pensate di voler andare in orbita per poi risultare più alti nelle foto, sappiate che l’effetto è transitorio ed una volta tornati sul pianeta, purtroppo l’effetto tenderà a svanire.
Vi lascio indovinare a quale illustre personaggio appartenevano queste scarpe. Vi lascio un indizio però: gli hanno recentemente intitolato un aeroporto. E non è Leonardo Da Vinci.
Dal punto di vista cardiovascolare, troviamo ulteriori effetti della microgravità, sempre per il fatto della diminuita pressione idrostatica e diminuito riflesso barorecettoriale. Cosa voglion dire questi paroloni? Che banalmente il corpo visto l’aumento della permeabilità vascolare ordina la smobilitazione dei globuli rossi manco fossero dipendenti statali ad agosto, dando origine a quella che viene definita “anemia da volo spaziale”.
C’è anche da dire che il nostro corpo non è fatto per la microgravità. L’evoluzione umana si è adattata al nostro piccolo insignificante pianeta e quindi il nostro scheletro tendenzialmente non reagisce bene all’assenza di peso. Non dovendo più sostenere i rotolini di ciccia derivanti dal pranzo della nonna della domenica, gli astronauti registrano una perdita di densità ossea di circa l’1% al mese oltre ad una perdita di elettroliti come ad esempio il calcio, che vengono escreti ad una velocità più alta rispetto alla vita sulla terra, tramite l’urina. Per ovviare a questa perdita di densità ossea, gli astronauti fanno costantemente esercizio fisico (almeno 2-3 ore al giorno) quando sono a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. Si, hanno un tapis roulant a cui vengono agganciati (per non volare via ad ogni passo), una macchina per esercizi di resistenza (così da mantenere il tono muscolare, che altrimenti andrebbe incontro ad atrofia) e una bicicletta ergometrica.
In orbita neanche gli occhi sono scevri da problemi. La redistribuzione dei liquidi citata poco fa infatti, ha anche effetto sul disco ottico, che con l’edema causato dalla pressione aumentata subisce un appiattimento (Sindrome Neuro-Oculare associata al Volo Spaziale).
Ma forse il problema maggiore dal punto di vista dei rischi per la salute degli astronauti deriva dall’esterno. In orbita infatti non vi l’atmosfera a far da scudo al grosso delle radiazioni cosmiche, quindi gli astronauti sono potenzialmente bombardati letteralmente dall’universo creato. Raggi cosmici, particelle solari ad alta energia eccetera sono tutti elementi che possono provocare danni gravissimi al DNA, che per quanto sia ben attrezzato a riparare errori di replicazione e danni, ha anche dei comprensibili limiti fisiologici. Oltretutto, questo vuol dire che più la missione è lunga più l’esposizione sarà importante e nociva. Pensate quindi ai problemi che si dovranno affrontare in sede di progettazione di missioni durature sulla Luna (che non ha atmosfera) o di un viaggio lungo mesi per Marte (che a sua volta tra l’altro vi proteggerà dalle radiazioni più o meno come potrebbe fare un foglio di carta da un proiettile di una Desert Eagle (Si devo ancora andare a vedere Deadpool & Wolverine).
Piccola parentesi, proprio per questo motivo, si sta pensando di costruire gli habitat lunari o marziani all’interno di grotte o cavità vulcaniche, così da avere una protezione suppletiva dalle radiazioni ed essere anche al riparo (nel caso di Marte) da eventi estremi come tempeste eccetera, che sul pianeta rosso sono abbastanza frequenti.
Okay, abbiamo elencato quanto lo spazio sia restio ad averci tra le sue braccia. Ora passiamo al lato più tecnico. Come ci aiuta la medicina spaziale?
Beh, intanto dobbiamo dire che l’addestramento aiuta moltissimo. Gli astronauti sono istruiti ad affrontare tutta una serie di emergenze mediche in “relativa” autonomia. Sono ovviamente in costante contatto con la Terra, dove sono assistiti dal Medico di Volo che può guidarli, se necessario, anche in teleconferenza (se Microsoft Teams si degna di funzionare). Questo però risulterà più difficile per missioni lunari e marziane, dove il ritardo di comunicazione arriva fino a 40 minuti. Capirete bene che in caso di grave emergenza, si fa in tempo a chiamare Taffo. Recentemente è stato sperimentato l’holoporting (proiezione olografica) del chirurgo Dott. Josef Schmid a bordo della ISS, un traguardo importante che può sicuramente essere un supporto notevole per pratiche mediche in orbita.
Aspettate, mi ricorda qualcosa…dove abbiamo già visto ologrammi…ah..già.
“Comandante Cody, esegui l’ordine 66” “Cosa?” “Cosa? ehm volevo dire, suturi con filo da 3”
Per ovviare alla necessità di un supporto costante, è preventivato che per missioni lunghe e oltre l’orbita terrestre, a bordo vi sia un medico/astronauta, che può quindi agire con tempestività in caso di bisogno, secondo il principio della NASA che vige dagli anni 70-80 per cui comunque il personale medico può anche essere addestrato per svolgere altre attività (esperimenti scientifici, manutenzioni, controllo della strumentazione) rendendo così la sua presenza più efficiente e polivalente.
A bordo della ISS si trovano infatti tutta una serie di strumentazioni mediche che ovviamente hanno bisogno di controlli e manutenzione. Per esempio, lo strumento forse più usato è una ecografia portatile ad ultrasuoni, che consente di ottenere immagini degli organi interni e che possono essere scaricate e trasmesse al controllo missione dove i medici possono analizzarle.
Oltre a questo gli astronauti hanno a disposizione degli Holter per monitorare cuore e pressione e che trasmettono i dati in tempo reale al controllo missione. Inoltre, possono effettuare anche degli esami del sangue di routine grazie al Bio-Analyzer sviluppato dall’agenzia spaziale canadese. Oltre agli esami del sangue può effettuare controlli su altri fluidi come la saliva e l’urina.
Precedentemente erano presenti due sistemi, il PCBA (Portable Clinical Analyzer) degli Stati Uniti, che poteva effettuare una palette di analisi preimpostate, mentre i sistema “Gamma” russo poteva effettuare l’analisi di un analita alla volta.
In questi anni i medici a bordo della ISS hanno superato con successo un gran numero di situazioni mediche non emergenziali, infatti non vi è mai stata un’evacuazione di emergenza di un membro dell’equipaggio tramite la capsula Soyuz agganciata costantemente per questo genere di eventi. C’è anche da considerare, che in caso di emergenza medica, un rientro sulla Terra sarebbe comunque l’estrema ratio, viste le sollecitazioni a cui è sottoposto il corpo umano durante il viaggio.
Per ora le pratiche mediche più frequenti sono state eruzioni cutanee, ascessi dentali, lacerazioni e modifiche del segmento ST-T nell’ECG. Niente quindi di trascendentale, se consideriamo sia lo stress fisico sia il luogo dove si trovano gli astronauti.
Astronauti che comunque hanno a disposizione una farmacia di bordo con qualcosa come 190 tipi di farmaci diversi, il cui inventario di qualche anno fa si può trovare a questo Link, se avete voglia di leggervi 62 pagine di elenchi di kit medici (divisi per colore a seconda dell’utilizzo che se ne fa). Troviamo a bordo l’immancabile ibuprofene, che negli Stati Uniti vendono come caramelle, lubrificanti oculari, garze, disinfettanti, strumentazioni salvavita come defibrillatori ecc. Ah, troviamo anche degli antidepressivi, perchè l’umore e la stabilità mentale hanno un ruolo fondamentale nello spazio. L’aspetto psicologico è sempre valutato attentamente ed è oggetto di studi approfonditi con simulazioni di isolamento, per esempio, in vista delle future missioni di colonizzazione di Luna e Marte. Probabilmente, il sottoscritto non riuscirebbe mai a superare i test e finirebbe in cronaca nera dopo due giorni. Non è veeeeero amici della postale! Si scherza!
A bordo della ISS è stato testato anche l’utilizzo di un robot manipolatore per effettuare operazioni chirurgiche guidate da personale medico a terra.
NO. Non lui.
E purtroppo nemmeno lui.
Sfortunatamente il robot ha subito dei danni ed è stato riportato a terra per le riparazioni ed eventualmente la sostituzione con modelli più recenti. La speranza è di poter costruire un robot che possa effettuare delle pratiche chirurgiche in totale autonomia, anche grazie ai progressi che si stanno compiendo con l’intelligenza artificiale. Il Robot si chiama MIRA e potete vedere alcune delle sue doti a questo link.
Anche dal punto di vista dei farmaci, la ricerca spaziale cerca nuove soluzioni. Il problema principale degli approvvigionamenti è la conservazione degli stessi. Infatti molti farmaci hanno una scadenza breve, vanno incontro a degradazione con effetti potenzialmente tossici. L’idea di base che la NASA sta sviluppando è quella di (per missioni lunari o marziane) rendere le colonie autosufficienti, creando metodi per la produzione in loco dei farmaci di base.
Rendering grafico della futura stazione di produzione farmaci su Marte
Insomma, per questa domenica è tutto, spero che l’articolo sia stato interessante e… torno ad attaccarmi al condizionatore!