Stamattina ho deciso di farmi del male, visto che da tempo mi è stato chiesto di fare un articolo su un argomento per il quale pestare una cacca è veramente molto facile.
Il sottoscritto per inciso, ha delle idee molto precise sulla questione, ma tenterò di mantenerle fuori dalla mischia del dibattito per cercare di fornirvi quante più informazioni utili senza influenzarvi e permettendovi magari di farvi una vostra opinione.
Partiamo intanto da un po’ di nozioni base sull’energia nucleare e le centrali. Qual è il principio base di funzionamento?
Le centrali nucleari si basano sulla fissione nucleare. Ossia la rottura di nuclei di atomi pesanti (tipicamente Uranio 235) con la generazione di elementi diversi e la liberazione di una grande quantità di energia termica.
Come potete vedere nel graziosissimo schemino riportato qui sopra un neutrone viene sparato contro un povero atomo di uranio 235, di conseguenza si forma un isotopo (stesso numero di protoni dell’elemento originale ma diverso numero di neutroni) con un neutrone in più. Ora, l’Uranio ha già tanti problemi per conto suo, non è che si può mettere sullo stato di famiglia anche un altro neutrone da sfamare, quindi a casa avvengono un po’ di litigi che finiscono con un divorzio burrascoso. Mamma e papà, ossia Kripto 92 e Bario 141 si separano, e tre figli (3 neutroni) che vengono sparati a sfasciare altre famiglie. Si perchè è questa la forza motrice della reazione nucleare, il fatto che da una fissione vengano prodotti i neutroni che andranno a scindere altri atomi, che a loro volta andranno a produrre neutroni per romperne altri e così via. Si chiama reazione a catena. No non c’entrano niente le catene di Sant’Antonio.
Ma tutta questa forza, questa energia, come abbiamo imparato a sfruttarla?
Beh tutto è partito quando un signore (Enrico Fermi, tanto per dire) ha pensato bene che era il caso di costruire un reattore nucleare sperimentale sotto le tribune del campo da football dell’Università di Chicago.
In fondo cosa poteva andare storto ad ammassare tonnellate di uranio metallico ed in pellets, qualche blocco di grafite come moderatore ed un ragazzo con un secchio di nitrato di cadmio concentrato appeso sopra la struttura, in caso di emergenza?
Probabilmente all’epoca pensavano che tutto sarebbe andato bene, ed infatti per loro grande fortuna andò così. Le barre di controllo in grafite vennero rimosse da Fermi in persona, il reattore raggiunse la massa critica e per qualche minuto la reazione di fissione nucleare avvenì in maniera spontanea grazie ai primi neutroni emessi da una fonte di radio-berillio. Il 2 dicembre 1942 il mondo entrava ufficialmente nell’era nucleare, con un messaggio in codice mandato al governo USA.
“Il navigatore italiano è appena sbarcato nel nuovo mondo” “I nativi erano amichevoli?” “Tutti sono sbarcati salvi e felici”
La Chicago Pile-1 ha solamente dimostrato la fattibilità di avviare una reazione nucleare controllata. Non produsse mai energia a scopi civili e venne rapidamente smantellata dopo poco. Ma era solo questione di tempo perchè l’umanità decidesse di utilizzare l’atomo come fonte di energia.
Il modo migliore per utilizzare l’energia termica risultante dalla fissione nucleare era quello classico che si usa ancora oggi. Ossia usare il calore per far bollire dell’acqua, che si trasforma in vapore ed aziona una turbina collegata ad un generatore di corrente elettrica. Avete presente le vecchie locomotive a vapore? Lì l’acqua veniva scaldata bruciando legna o carbone. Ecco il principio è lo stesso, solo che non bruciate niente ma utilizzate un’energia decisamente più grande. Il movimento poi viene accoppiato appunto ad un alternatore che produce energia elettrica. Un po’ come quando pedalate ed avete la lucetta sulla bicicletta.
Nel corso degli anni si sono susseguite diverse varianti e generazioni di reattori nucleari. Tendenzialmente si classificano e differenziano a seconda della tecnologia di moderazione (ossia del modo in cui vengono agevolati o rallentati i neutroni per la reazione a catena, permettendo di “accendere” e “spegnere” il reattore) e la tecnologia di raffreddamento (ad acqua pressurizzata, acqua bollente, oppure sali fusi).
I reattori detti ad acqua pressurizzata praticamente sfruttano il fatto che un’elevata pressione mantiene l’acqua liquida anche ad alta temperatura, non permettendole quindi di trasformarsi in vapore. Il circuito primario di raffreddamento è quindi deputato al trasferimento di calore al circuito secondario dove l’acqua invece è libera di diventare vapore ed azionare la turbina.
Nei reattori ad acqua bollente invece c’è solo un circuito di raffreddamento. L’acqua diventa vapore e via alla turbina. Certo, è più facile da costruire visto che di fatto hai meno tubi e meno complicazioni, ma credetemi, agli impianti, avere miscele di liquidi e vapori non piace proprio per niente. Le bolle fanno un gran casino (fenomeno della cavitazione), andatevi a vedere cosa combinano ad esempio alle eliche delle navi.
Per quanto riguarda i reattori raffreddati a sali fusi invece, beh, permettono di operare a temperature più elevate. Tipicamente utilizzano il sodio fuso per il loro funzionamento, ma hanno una serie di ovvie conseguenze dal punto di vista della complessità costruttiva ed operativa.
La prima generazione comprendeva il Chicago Pile-1 e le successive evoluzioni. Erano reattori molto poco efficienti, costruiti prevalentemente a scopo dimostrativo e con la capacità di produrre pochi MW di potenza. Stiamo comunque parlando dei primi anni ’50, oggettivamente la tecnologia era quello che era.
La vera svolta si ebbe con la seconda generazione di impianti nucleari. La spinta prevalente fu data dalla crisi petrolifera del ’73, dando quindi impulso alla ricerca e sviluppo di fonti alternative di energia. Nacquero quindi reattori nucleari che funzionano ancora ai giorni nostri, con i dovuti aggiornamenti e perfezionamenti, a testimonianza del fatto che se manutenuti bene, i reattori nucleari sono sufficientemente sicuri. Giusto per citare i più illustri esponenti della categoria, come non parlare dei CANDU canadesi o gli AGR.
Stiamo parlando comunque anche degli anni della guerra fredda. Quindi EHI! Santa Madre Russia L’URSS aveva sempre quel vizietto di mostrare quanto fossero più grossi, forti e fighi degli altri, un complesso di inferiorità che neanche la caduta del muro di Berlino probabilmente ha fatto cessare, anzi. Beh i figli di Mosca costruirono degli autentici mostri, gli RBMK, acronimo di Reaktor Bol’šoj Moščnosti Kanal’nyj, ossia “reattore di grande potenza a canali”. Mamma mia che ego smisurato che hanno i russi. Erano reattori capaci di raggiungere, grazie alla loro scalabilità anche i 3600 MW di potenza, contro i 1500-1750 che si utilizzano tipicamente oggi. Delle bestie atomiche dalla potenza sensazionale, che utilizzavano acqua leggera come raffreddamento e grafite come moderatori. Avevano anche la caratteristica di poter sostituire il combustibile nucleare senza fermarsi, mica male in termini di operatività ed efficienza. Il problema è che come tante delle cose costruite dietro la cortina di ferro, spesso avevano dei problemi di sicurezza e di manutenzione. Ne sappiamo qualcosa perchè nel 1986, qualche genio ha deciso di fare un test di operatività oltre i parametri di sicurezza mettendo a rischio mezzo globo. Si sto parlando di Chernobyl, ma sull’argomento magari farò un post a parte.
Ecco cosa succede se ti metti a giocare con la potenza dell’atomo infischiandotene della sicurezza
Okay passiamo alla terza generazione di reattori nucleari. Sono quelli più recenti e sono sostanzialmente un’evoluzione dei precedenti, non tanto dal punto di vista tecnologico e di efficienza, quanto di sicurezza. Hanno infatti introdotto tutta una serie di accorgimenti detti di “sicurezza passiva”. Nella seconda generazione infatti, i sistemi di sicurezza dovevano essere attivati in caso di guasto tramite specifiche procedure. Nella terza generazione invece i sistemi si attivano automaticamente in caso di guasto arrestando la reazione a catena.
Vi faccio un esempio. Nei modelli precedenti, le barre di controllo erano naturalmente inserite nel reattore ed estratte per avviare la reazione. Questo vuol dire che in caso di guasto dovevano essere meccanicamente reinserite per fermare la fissione. Questo portava a problemi di sicurezza in caso di guasto all’impianto elettrico. A Chernobyl ad esempio, le barre non rientrarono perchè aspettarono troppo e la temperatura salì deformando i condotti ed impedendo l’inserimento delle barre. Era troppo tardi ed il nocciolo arrivò a fusione. Nella terza generazione invece le barre vengono tipicamente tenute in sospensione elettromagneticamente, vuol dire che in caso di guasto all’impianto elettrico o funzionamento fuori parametri operativi, il circuito si stacca in automatico e le barre rientrano in pochi millisecondi arrestando la reazione prontamente.
Altri accorgimenti che vengono utilizzati sono ad esempio la circolazione passiva del fluido refrigerante, sfruttando il moto per gradiente di calore (ad esempio un fluido caldo va verso l’alto e freddo verso il basso), permettendo quindi l’eliminazione di impianti e parti mobili, semplificando il processo ed eliminando cose che banalmente potrebbero rompersi.
La quarta generazione infine, è quella del futuro. Ah raga, checchè ve ne dicano, la quarta generazione non esiste ancora. Ho letto di molti politici che si fanno piena la bocca dicendo “eh vogliamo tornare al nucleare costruendo reattori di quarta generazione”. No! Cazzata! Sono reattori ancora in via di sviluppo e che quindi non sono una realtà tecnicamente fattibile. Alcuni più furbi si limitano a dire “reattori di ultima generazione”, lasciando più libertà all’interpretazione, ma sono comunque una massa di ignoranti che non sanno minimamente di cosa stanno parlando e lo fanno solo per slogan in campagna elettorale.
Ma tornando a noi, questi reattori vorrebbero sfruttare diverse idee. Una sorta di ritorno al passato, utilizzando i sali fusi come raffreddamento, visto che adesso le tecnologie ci consentono di renderle più sicure. Ma la vera chicca è quella del riciclo delle scorie radioattive. Questi reattori infatti prevedono il riutilizzo delle scorie, immettendole nel nocciolo e alimentando così processi di fissione per diminuire la vita delle scorie dai centomila anni attuali a circa trecento, diminuendo così drasticamente l’esigenza di costruire grandi siti di stoccaggio a lunghissima vita e semplificando anche le procedure di costruzione delle centrali stesse. Inoltre un altro principio è quello della modularità. I reattori verrebbero pre-assemblati in versioni più piccole dei reattori attuali, aumentando quindi gli standard di sicurezza e permettendo di aumentare la potenza erogata semplicemente mettendo più reattori insieme, in base all’esigenza. Addirittura si stanno progettando reattori talmente piccoli da essere contenuti in un container, permettendo così di posizionarli magari in zone impervie o isolate dove le classiche linee di approvvigionamento energetico non consentirebbero un efficiente sostentamento.
Se ci pensate non è neanche un’idea così originale, se pensate che nel 1957 sull’onda del progresso atomico, la Ford aveva progettato la Nucleon, un’auto spinta da un reattore nucleare. Ammazza però se era brutta.
Va bene, abbiamo finito la carrellata, sarebbe anche l’ora di rispondere alle domande più frequenti.
L’Italia ha bisogno effettivamente del ritorno al nucleare? Beh abbiamo una storia atomica di tutto rispetto. Il nostro programma nucleare era stato ampiamente avviato con 3+1 centrali costruite e poi smantellate a seguito del referendum del 1987. Certo, il risultato di quel referendum è stato oggettivamente portato dall’onda emotiva del disastro di Chernobyl ed ha sicuramente stroncato una fonte di approvvigionamento energetico importante e che di fatto avevamo già pagato tramite ENEL (che all’epoca era dello Stato). Senza contare che le operazioni di decommissioning (lo smantellamento) le abbiamo comunque pagate di tasca nostra tramite la SOGIN (Società gestione impianti nucleari) una partecipata dello Stato, o meglio, dello Stato visto che era completamente nazionalizzata.
Di fatto abbiamo buttato via un mucchio di quattrini e si è messa un bastone tra le ruote da sola rispetto alla politica energetica nazionale. Perchè oggettivamente le fonti energetiche rimaste (gas, carbone, olio, idroelettrico ecc.) non erano sufficienti a sostenere la richiesta nazionale e quindi ci siamo trovati costretti a comprare energia dall’estero. E la cosa paradossale è che abbiamo comprato energia per anni ed anni ad esempio dalla Francia, che produceva quell’energia con centrali nucleari dietro l’angolo di casa. Nei primi anni 2000 si è provato a tornare ad un progetto di rilancio nucleare, ma il fato ha messo lo zampino con l’incidente di Fukushima, creando un’onda di panico e diffidenza questa volta decisamente meno condivisibile rispetto a Chernobyl. Perchè di fatto l’incidente in Giappone è stato causato da eventi così rari e concatenati, che non si adatterebbero ad una situazione come quella italiana (un terremoto di notevole intensità ed un maremoto connesso).
Uno potrebbe anche sollevare l’obiezione che di fatto l’Italia è circondata da centrali nucleari (in cui spesso abbiamo anche messo lo zampino con aziende italiane). In caso di incidente, di sicuro le radiazioni non si fermerebbero alla dogana, per così dire. Quindi perchè continuare a pagare energia elettrica all’estero con una tecnologia che saremmo perfettamente in grado di padroneggiare?
Come già detto, i referendum hanno palesemente tagliato le gambe alla strada del nucleare in Italia. In più con onesta intellettuale bisogna anche dire che nel nostro paese abbiamo una triste storia di corruzione negli appalti ed utilizzo di materiali di scarsa qualità per opere pubbliche, o mancata manutenzione. Quando c’è da fare le cose per bene, l’Italia si ritrova ad essere un coin-flip. O le fa incredibilmente bene o riesce a creare un eco-mostro. Praticamente siamo come i Targaryen in Game of Thrones, quando ne nasce uno, gli Dei lanciano una moneta.
“Ci riprenderemo le nostre centrali nucleari con il fuoco e sangue” Cit. Daenerys Targaryen, Presidente del Consiglio italiano
C’è poi da considerare l’esigenza della costruzione di nuovi depositi per lo stoccaggio delle scorie nucleari. Ed anche qui l’emotività della popolazione non addetta ai lavori si fa sentire (anche comprensibilmente). L’Italia è un paese con un’attività sismica di rilievo e quindi trovare un posto con le caratteristiche geologiche giuste non è proprio banale, non solo per i depositi ma per il posizionamento delle centrali stesse. A questo ci si aggiunge che puntualmente se si ipotizza di costruire qualcosa in posto X, la popolazione locale tendenzialmente si ribella, perchè nessuno vuole un magazzino di rifiuti nucleari sotto casa. A nessuno piace diventare fosforescente, a me al massimo piace l’arancione fluo.
Un dettaglio non da poco che molti politici si rifiutano di far presente è anche il tempo di costruzione delle nuove centrali. Come già detto prima, la quarta generazione ancora non esiste, quindi quella miniaturizzazione che semplificherebbe di molto, ancora non è disponibile. Quindi si dovrebbe virare su reattori di terza generazione plus, i più avanzati a disposizione. Ecco, per costruirli comunque, anche se partissimo oggi stesso, non avremmo una centrale funzionante prima di almeno 10 o 20 anni (più vicino ai 20).
Insomma, non è una soluzione praticabile per la crisi energetica attuale semplicemente perchè non ha un ordine temporale sufficientemente rapido a produrre effetti nel breve periodo. Le altre tecnologie di produzione energetica (solare, eolico) sono molto più rapide e con costi sicuramente inferiori. Basti pensare che per una centrale nucleare si stima un costo di circa 20-25 miliardi di euro, tra costruzione, messa a regime e costi vivi di manutenzione, approvvigionamento del combustibile nucleare, smaltimento scorie eccetera. Tutte spese che per inciso, poi in un modo o nell’altro ci ritroveremmo sicuramente in bolletta.
Un rapporto Lazard mette in correlazione le varie fonti di energia ed un parametro detto Levelized Cost of Energy, dandoci un po’ un’idea di quanto effettivamente costa rapportato al MWh l’energia prodotta in modi diversi. Il grafico di sopra è oggettivamente esplicativo, e tutti potranno darsi una risposta da soli senza che lo faccia il sottoscritto.
In definitiva, il nucleare poteva essere una fonte di approvvigionamento energetico sicuramente positiva anni fa. Personalmente (ed ormai posso dirlo perchè ormai vi sarete fatti una idea vostra) sono sempre stato favorevole all’energia nucleare come fonte. Questo però non vuol dire che deve essere l’unico metodo di sostentamento energetico da sfruttare. Abbiamo tecnologie molto più pulite come il solare, l’eolico e l’idroelettrico sebbene l’ultimo abbia da contro il problema dell’approvvigionamento idrico in tempi in cui piove poco. Tra l’altro il problema dell’approvvigionamento idrico è un tema che coinvolge anche il nucleare. Abbiamo visto come in Francia alcune centrali abbiano ridotto la produzione per problemi legati alle scorte d’acqua in tempo di siccità e l’incapacità di raffreddare efficientemente i sistemi. C’è da dire da contro, che rispetto a solare, eolico ed idroelettrico, il nucleare è una produzione energetica meno “isterica” e più costante, oltre ad essere caratterizzata da una vita operativa molto più lunga (una centrale nucleare può arrivare anche a 60-80 anni di vita, come testimoniano alcune centrali funzionanti ancora attualmente).
Sicuramente con la quarta generazione di reattori, il dibattito potrebbe riaprirsi e magari affiancare una massiccia produzione elettrica tramite rinnovabili con una presenza nucleare più “ecocompatibile” al fine di eliminare quanto più possibile la produzione energetica tramite combustibili fossili, in attesa dei reattori a fusione nucleare che potrebbero essere veramente la svolta dal punto di vista energetico (vedi progetto ITER, di cui ho parlato qualche settimana fa, andatevi a vedervi l’articolo).
Spero che questo articolo vi sia stato utile per comprendere che banalizzare un argomento come il nucleare soprattutto quando fa comodo ai fini elettorali è sempre un errore, come lo è prendere decisioni sull’onda emotiva senza essere adeguatamente informati (come è avvenuto ad esempio per i referendum anni fa).
Alla prossima puntata!