La grande muraglia verde

Saaaaaaalve a tutti!

Oggi parleremo di un argomento che piacerà un sacco ai giocatori di minecraft, farmville e tutti quei giochini che illudono le persone di avere un pollice verde quando riuscirebbero a far appassire pure un bonsai di plastica.

Dovete sapere che circa 60 anni fa, un signore con la fissa per il giardinaggio di nome Richard St. Barbe Baker, ipotizzò la creazione di inverdire una striscia di terra che andava dal Senegal al Gibuti (stiamo parlando di qualcosa tipo 8000 km) con una estensione di almeno 15 km. Questo perchè? Non perchè l’amico in questione, botanico ed attivista di professione, avesse voglia di trovarsi un hobby per la pensione, ma semplicemente perchè era un ottimo modo, secondo lui, per arrestare il processo di desertificazione dell’Africa che già a quel tempo stava iniziando a destare qualche preoccupazione. Insomma, la sabbia dopo un po’ da noia a tutti. Si infila da tutte le parti. E’ ruvida.. sento già il potere del lato oscuro della forza corrompermi….dannazione Anakin!

Diciamo che questa boutade è rimasta in sordina per più o meno 40 anni, probabilmente i governi della Terra avevano altro a cui pensare, tipo la guerra fredda, andare sulla Luna, non farsi saltare in aria con testate atomiche sufficienti a distruggere l’umanità cento volte, il flop dello stereo 8, il Regno Unito che flexa la flotta per riprendere delle isole argentine sperdute di cui non frega un cazzo a nessuno, internet, i cellulari, il dubbio ancora vivo su chi ha davvero ammazzato Kennedy… insomma, mica potevano anche occuparsi di un deserto minaccioso che si stava andando a mangiare quel poco di terra coltivabile che milioni di persone in Africa avevano per sfamarsi e non cadere ancora più in basso nel coefficiente di vita di schifo che già basso era. Dai, capiamoli.

Vabbè, ad ogni modo. Qualcuno con la passione per il vintage e il retrò, tirò fuori l’ideona nel 2002 ad un summit in Ciad (per inciso, ha una delle bandiere più belle del mondo, in termini di colori) in occasione della Giornata Mondiale per la Lotta alla Desertificazione e alla Siccità… c’hanno un po’ pensato su per tre anni (la mia ragazza direbbe “eh oh..African Time”) e nel 2005, alla Conferenza dei capi di Stato e di Governo della Comunità degli stati del Sahel e del Sahara venne approvata la proposta di creazione della grande muraglia verde.

Bella raga, dai su, pala in mano, sacchetto dei semi in vita e tutti insieme a piantare alberelli. Eh no, mica è così semplice.

Mi fa molto ridere che in realtà abbiano deciso (oh, per necessità intendiamoci) di fare sta muraglia vegetale letteralmente nel punto più largo di tutto il continente africano!

Intanto dobbiamo ricordarci che in quella zona dell’Africa, l’acqua non è che sia proprio disponibile e distribuibile in maniera semplice. Il terreno di conseguenza è spesso secco, arido e poco incline ad ospitare rigogliose colture vegetali. Si è pensato quindi di fare cosa? Di piantare letteralmente una sfracconata di piante di acacia. Perchè? No non perchè siamo dei fan del miele. Cioè, io si, ma non è quello il punto. L’acacia ha la particolarità di resistere stoicamente alle condizioni particolarmente avverse di quei climi e di quei terreni. Un po’ come i fan dei cavalieri dello zodiaco che si sono visti fino alla fine la serie Omega, mamma mia, che schifezza immonda.

In più, la graziosissima piantina ha anche la particolarità di trattenere importanti quantità di acqua nelle radici, aiutando quindi il terreno a ridiventare più fertile.

Nel 2007 il progetto è stato ufficialmente avviato, con l’esborso di circa 14 dei 30 miliardi di dollari necessari al suo completamento, finanziati da Unione Africana, UE, Banca Mondiale e molti altri soggetti. Sicuramente ci vorranno molti anni perchè venga ultimato, ma sicuramente già qualche effetto si sta vedendo, perchè nel frattempo l’idea iniziale di Baker è stata modificata ed adattata ai tempi. Non è prevista la sola coltivazione di alberi come una barriera vegetale e fisica contro la desertificazione. Sono state previste numerose aree a mosaico di terra coltivabile che andranno a fungere da autosostentamento per le popolazioni del luogo. Stiamo parlando di miliardi e miliardi di ettari di terra rubati al deserto, o meglio, riconquistati faticosamente. In Nigeria sono 5 miliardi, in Senegal 12 ed in Etiopia già 37. E molti altri nei prossimi anni torneranno ad essere verdi aree.

Ora, io fino ad adesso ho anche scherzato sulla faccenda, come è nel mio stile proprio per far passare messaggi positivi ed alleggerire i contenuti, tuttavia vorrei che fosse chiaro che ritengo il progetto una fonte importantissima di speranza per il continente africano. Si stima che le persone coinvolte nella realizzazione della GGW saranno più di 10 milioni, senza contare poi l’impatto positivo sull’intero “ecosistema” dei paesi coinvolti. Meno fame, meno povertà, più pace, meno conflitti. la GGW sarà anche (spesso non viene adeguatamente fatto notare) un nuovo enorme polmone per il pianeta, visto che tutte quelle piante andranno a smaltire tonnellate e tonnellate di anidride carbonica che noi occidentali continuiamo a produrre infischiandocene del pianeta. Inoltre, c’è anche la questione delle temperature. Le aree rubate al deserto contribuiscono ad un miglior equilibrio termico, tutto ciò quindi andrà a scatenare un ciclo virtuoso per il clima. Quindi dovremmo solo che dirgli grazie e favorire ancora di più questo progetto. E non voglio entrare nel tema dello sfruttamento occidentale dell’Africa, del colonialismo (vero Emmanuel?) e dell’enorme debito che abbiamo nei confronti di quel continente, un debito che non riusciremo mai a ripagare, oltre al pericolo della silenziosa invasione cinese. Non sono un esperto, non sono titolato a parlarne e lascio a gente più esperta di me affrontare questioni così delicate (senza contare il fatto che probabilmente al minimo errore la mia simpatica consorte mi condirebbe la prossima torta di mele col polonio).

Una piccola digressione, visto che ho nominato la Cina.

Anche in Asia stanno vivendo con ansia un problema simile da 50 anni. Il deserto del Gobi infatti si sta espandendo ad un ritmo allarmante, minacciando l’intero ecosistema ed il sostentamento di un popolo che ormai sta raggiungendo il miliardo e mezzo di persone. Senza contare gli effetti sul clima e le frequenti tempeste di sabbia che ad esempio stavano/stanno diventando un problema per Pechino.

Ed anche i cinesi hanno quindi varato un ambiziosissimo programma di riforestazione (dal 1978) che prevede interventi incredibilmente massicci, utilizzando anche metodi più innovativi di irrigazione come quelli a goccia per non sprecare acqua preziosa. Ed ecco che così riescono a produrre pomodori, angurie eccetera in zone dove sarebbe stato impensabile fino a qualche anno fa. C’è anche da dire che qualche critica è stata mossa al governo cinese visto che per quanto riguarda gli alberi hanno ben deciso di utilizzare una monocoltura, quindi di fatto stanno piantando un tipo di albero solamente, cosa rischiosissima soprattutto in caso di epidemia. La varietà di alberi aiuta gli ecosistemi ad essere più forti e meno fragili. Vabbè..accontentiamoci? Voto 9 all’intenzione, 6– all’esecuzione.

Cari miei, per oggi è tutto, un saluto e un in bocca al lupo per le vostre piantine sul balcone. Tanto sappiamo tutti che fine faranno.

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