Credetemi, quando riguardo come funziona il sistema elettorale negli Stati Uniti d’America penso che sia uno dei meccanismi più farraginosi, complicati e meno trasparenti che esista sulla faccia della terra.
E dire che si vantano anche di esportare la democrazia.
Ad ogni modo, buongiorno a tutti e…. cerchiamo di capire cosa sono queste elezioni di mid-term negli USA.
Allora, in pratica, questa tornata elettorale avviene sistematicamente due anni dopo l’inizio del mandato presidenziale (appunto, a metà), nel mese di novembre. Più precisamente, il primo martedì seguente il primo lunedì del mese. Quindi quest’anno si terranno il giorno 8.
In realtà, circa 6 milioni di americani statunitensi, hanno già votato tramite mezzi alternativi, postale o telematico, visto che è consentito per legge se si è fuori dalla residenza o dal paese. Ecco su questa cosa, forse potremmo prendere spunto, soprattutto per quei poveri cristi di studenti fuori sede che per esercitare un SACROSANTO diritto devono sborsare soldi (che spesso non hanno) per tornare magari a casa a 500-1000 chilometri di distanza.
E andiamo, la prima polemica del mattino l’abbiamo fatta. E sono solo le otto del lunedì.
Si ma chi viene eletto? Allora, verrà rinnovata la totalità della camera bassa (quella dei rappresentanti) per un totale di 435 deputati, mentre per quanto riguarda il senato, vengono rinnovati un terzo dei senatori (in questo caso 35). Secondo i padri fondatori infatti, sarebbe stato troppo semplice rinnovare il senato come la camera dei rappresentanti, ossia ogni due anni. I senatori infatti hanno mandato di sei anni, e quindi questo shift serve per rinnovare periodicamente quantomeno una porzione del senato garantendo una sorta di ricambio generazionale a garanzia dell’alternanza e della democrazia… Se lo dicono loro.
Ma non è finita qui, vengono anche rinnovati 36 governatori e la maggior parte dei rappresentanti negli organi parlamentari dei singoli Stati.
Immagine di repertorio di un elettore statunitense quando cerca di capire il sistema elettorale
Solitamente, le elezioni di mid-term vengono vissute dagli Stati Uniti un po’ come una cartina tornasole sull’operato del Presidente, che infatti quasi sempre le perde, andando a vedersi ridimensionata la rappresentanza nelle camere e spesso a dover scendere a compromessi con l’opposizione per avere i voti necessari a far passare i propri emendamenti. Questo perchè (dicono i più esperti, non io eh) spesso si ha una disaffezione alla politica da parte di chi ha votato per un certo candidato, ed un conseguente forte astensionismo, mentre in chi ha votato per il candidato sconfitto alle presidenziali è forte il desiderio di rivalsa e quindi si avrà una forte partecipazione elettorale.
Insomma, è un modo per dare una rivincita a chi ha rosikato forte due anni prima. Che carini, un colpo al cerchio ed un colpo alla botte. Che forti sti ammmmerecani.
Queste elezioni si svolgono tra l’altro in un momento piuttosto delicato per Joe Biden, visto che dalle presidenziali, il suo consenso è colato a picco più o meno come la voglia di vivere del sottoscritto dopo Sampdoria-Fiorentina. In realtà negli ultimi mesi ha recuperato qualcosina, solo ed esclusivamente per le sue posizioni anti-russe e pro-Kiev, e per il sostegno all’Ucraina. Si sa che quando c’è da menare le mani, gli Stati Uniti, notoriamente interventisti (quando gli conviene eh…) sostengono praticamente sempre l’amministrazione che mostra i muscoli. Dall’altra parte della barricata c’è un Donald Trump redivivo, che sta combattendo per riportare il partito dell’elefante alla Casa Bianca nel 2024.
Allo stato attuale, i democratici possono contare su una discreta maggioranza alla camera dei rappresentanti (220 a 212) mentre al Senato la situazione è perfettamente in parità, con 50 e 50. In questo caso però la legislazione USA prevede che per sbloccare la situazione, il Vice Presidente (Kamala Harris) possa votare, consentendo quindi la maggioranza al partito democratico.
Come dicevo prima, il Presidente in carica quasi mai riesce a confermare lo stato alle camere, almeno dai tempi di Jimmy Carter, ma stiamo parlando di un tempo tra gli anni 70 ed 80, quando la musica era ancora decente, non c’erano i social e la Juve rubava ancora scudetti.
Probabilmente la battaglia verrà decisa dai cosiddetti “swing-states” ossia gli Stati in bilico, in cui ancora non c’è una maggioranza chiara nell’elettorato. Questi Stati cambiano di volta in volta, a secondo delle tematiche più influenti nel dibattito (per ora la fanno da padroni aborto, caro vita, inflazione e prezzi del carburante, oltre alla guerra in Ucraina). Occhi puntati quindi su Nevada, Georgia, Pennsylvania, dove gli eventuali senatori eletti potranno cambiare gli equilibri.
Insomma, staremo a vedere… tanto lo sappiamo che Chicco Mentana domani farà la maratona.
Stay tuned!